CAMPLI, LA MADONNA DEL LATTE E L’EXPO: NUTRIRE IL PIANETA – ENERGIA PER LA VITA

Inaugurata la mostra Il Tesoro d’Italia: <<ecco la biodiversità dell’arte italiana>>

Umanità e sacralità si fondono eccezionalmente nella quattrocentesca Madonna del Latte, opera attribuita a Giacomo da Campli, scelta per rappresentare la nostra cittadina all’Esposizione Universale di Milano. In questo dipinto, vanto di Campli e di tutto l’Abruzzo, si celebra con amore ed eleganza un gesto tra i più ancestrali e vitali: l’allattamento materno, il donare se stessi attraverso il nutrimento. Offrire e perpetuare cioè la vita stessa. Una Madonna che l’artista non dipinge in posa ieratica o stereotipata, bensì con lo sguardo magnetico e dolce di una giovanissima Mamma che, nell’atto stesso di allattare timidamente il Cristo, quasi nascondendo il seno dietro il velo, sembra guardare e comunicare con chi la osserva.

In un’opera di ben sei secoli fa, l’artista riesce a raccontare a tutti, dal più erudito della corte di Margherita d’Austria al contadino illetterato dei colli camplesi, non solo la “divinità” di questo momento ma anche tutta la sua intrinseca umanità, filtrandole attraverso la raffinatezza della sua pittura. Forse proprio tali caratteristiche di quotidiana consuetudine, così materna ed intima, hanno portato la tavola dipinta ad assumere l’importanza attuale, diventando oggetto di grande devozione e addirittura simbolo della cittadina farnese (ancor di più in questa Esposizione Universale).

“Nutrire il pianeta – energia per la vita”: questo è il tema scelto per l’Expo 2015 e, allo stesso tempo, la descrizione calzante del soggetto dell’opera pittorica camplese che ne consacra la partecipazione alla mostra Il Tesoro d’Italia curata da Vittorio Sgarbi e da oggi visitabile al Padiglione Eataly.

Un connubio quello tra arte e cibo che viene da lontano. E come afferma lo stesso Vittorio Sgarbi, che ha accolto la volontà dell’Amministrazione Comunale di Campli di esibire l’opera alla mostra a Milano, «Non c’è alimento più alto della conoscenza».

E, soprattutto, come negare che lo stesso cibo sia cultura? Il cibo è cultura quando si “produce”, quando diventa frutto della tradizione,  quando diventa espressione ed identità di un determinato territorio. Non è una casualità che il termine “cultura” derivi dal verbo latino “còlere”, cioè coltivare. La cultura, infatti, non può racchiudere solo i monumenti, le cose rare e di prestigio, ma comprende ogni testimonianza, materiale e immateriale, avente valore di civiltà, legandosi fortemente al territorio di cui rappresenta il frutto. Allo stesso modo del monumento, del museo e, in generale, del patrimonio artistico e culturale di un territorio, anche la cultura popolare, così come quella enogastronomica, può rappresentare l’attrazione “culturale” principale di un’area o, meglio ancora, può integrarsi con altre attrazioni.

E qui entra in gioco la nostra Campli.

La peculiarità di questa cittadina dell’entroterra teramano è insita nella sua importante storia, ma anche nella particolare collocazione geografica e nell’operosità dei suo produttori.

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Archivio Privato di Nazzareno Sorgi

Campli ha il privilegio di vantare la Porchetta Italica più antica della storia. Persino gli Statuti Comunali del 1575, rinnovati per volere di Margherita d’Austria, ne regolamentano la produzione e la vendita al di «fora del nostro territorio».

E poi c’è, per l’appunto, la felice posizione territoriale e il microclima così unico, ai piedi dei Monti Gemelli, tra mare Adriatico e massiccio del Gran Sasso d’Italia, che permettono la produzione di alcune eccellenze, come il vino. Difatti Campli, vanta una tradizione vitivinicola d’eccezione; la ristretta produzione attuale è sinonimo di altissima qualità, e passeggiando tra le morbide colline camplesi si comprende bene come sia forte la volontà di recuperare l’antico bagaglio viticolo, riproponendo le rare uve di vitigni autoctoni, alcuni dei quali addirittura in via di estinzione.

abruzzolink-morena-pavone-vino-campli-2Questo territorio è dotato inoltre di una spiccata vocazione al tartufo, e la Montagna di Campli, in particolare, ne è estremamente ricca. Questa montagna, infatti, che dalla vetta (1.718 metri s.l.m.) scende dolcemente fino ad arrivare all’antica Città di Campli (393 metri s.l.m.), presenta il giusto equilibrio tra composizione calcarea del suolo, ambienti ricchi di vegetazione spontanea e terreni poco sfruttati dall’agricoltura. Fatto forse poco risaputo è che questo territorio sia uno dei più produttivi di tartufi, sia in termini quantitativi che varietali, e in particolare molto ricco di tartufo nero. Ci si può render conto di persona di tutto ciò, visitando le tartufaie dalla zona, accompagnati da cani “golosi” e “giocherelloni”.

abruzzolink-morena-pavone-tartufo-WP_20150425_142Qui resistono anche i panifici più antichi, nei quali i maestri fornai e pasticceri, veri e propri “custodi” della tradizione, producono in maniera artigianale prodotti unici come il pane con gli “sfricoli” (prodotto ottenuto durante la lavorazione del grasso del maiale), i “pepatelli”, le “sfogliatelle” natalizie con ripieno di mela cotta, e il celebre “Bauletto dei Farnese”. Nelle loro botteghe si sentono ancora, fortunatamente, i profumi e i sapori di una volta.

Antico forno Meloni

Archivio Privato di Nazzareno Sorgi

Oltre a queste eccellenze le cui origini si perde nella notte dei tempi ci sono sapori un po’ più recenti, ma di certo non meno artigianali e legati al territorio, come la gassosa. Sì, proprio così, la gassosa. Una bevanda tanto inusuale quanto buonissima. Non c’è un bar o una trattoria a Campli che non abbia sul tavolo una bottiglia (rigorosamente in vetro) della famosa Gassosa di Campli. Una tenace famiglia, nella piccola frazione di Nocella, porta avanti il vecchio mestiere del “gassosaro” in un periodo in cui la grande importazione e produzione la fanno da padrona. Nel 1980 questo prodotto ha ottenuto il prestigioso Premio Qualità a livello nazionale.

Insomma tanti “buoni” motivi per visitare Campli, non vi resta che scegliere.

 

 

 

Visita Campli con Morena Pavone