Oratorio del Pellegrino, torna all’antico splendore la cattedrale del silenzio.
|Manganelli la ribattezzò la Cappella degli Scrovegni d’Abruzzo.
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BOMINACO – Nemmeno quelle due figure nude sulla destra della finestra sotto il rosone dell’Annunziata, a Sulmona, che acennano a una fellatio, sorprese Giorgio Manganelli nel suo viaggio in Abruzzo nel 1987 per il quotidiano Il Messaggero. Era un’usanza nota allo scrittore quella dell’artista di consumare la propria sottile vendetta con particolari sconci per vendicarsi del pagamento al di sotto delle aspettative e dei patti da parte del committente, che di solito era il clero.
Ben altro incantamento mostrò davanti all’oratorio di San Pellegrino e alla chiesa di Santa Maria Assunta in Bominaco. A due passi dall’Aquila, lungo quel tratturo Magno che portava le pecore da Collemaggio a Foggia, sinonimo di prosperità che si muoveva con i commerci lungo la via degli Abruzzzi che collegava Lanciano a Firenze e a Napoli. Un flusso di denaro che si è estrinsecato nelle bellezze architettoniche e pittoriche del romanico abruzzese e che negli affreschi di Bominaco, di recente restaurati in predicato di entrare nel patrimonio dell’Unesco (prima volta in Abruzzo), trovano la forma più alta.
Pino Coscetta che da Cicerone di lusso durante il viaggio racconta così lo stupore dello scrittore nel suo volume “Viaggio in Abruzzo con Giorgio Manganelli” edito da Solfanelli: «A colpirlo in maniera particolare è il “Calendario Valvense” che con i primi sei mesi occupa la parte centrale della parete della terza campata di questa “stanzetta”, subito dopo i profeti Mosè, Giobbe, Giona e Isaia che annunciano il Messia. Sulla parte opposta, alla stessa altezza, i restanti sei mesi.
Tutto attorno affreschi del XIII secolo, alcune figure votive del Quattrocento, un ritratto di San Francesco ancora senza stigmate (sembra che sia il primo ritratto fancescano realizzato a pochi anni dalla scomparsa del poverello di Assisi), e il già citato Calendario Valvense. Un sontuoso ciclo pittorico dovuto a tre pittori ricordati per le tematiche trattate come Il Maestro della Passione, Il Maestro dell’Infanzia, Il Miniaturista. Giorgio, che ne resta rapito e ne scriverà un gran bene, si volta e dice: «Mai vista una cosa così bella in tanto poco spazio.. E’ roba da Sindrome di Stendhal».
E in effetti davanti all’oratorio, Manganelli scrisse una delle pagine più belle del suo reportage, raccolto nel libro postumo “La favola pitagorica”, edito da Adelphi. Nel testo lo scrittore scrive il claim più felice sulle caratteristiche dell’Abruzzo: «L’Abruzzo è una grande fabbrica di silenzio. Se vi fermate accanto alle due chiese di Bominaco, non lontano da L’Aquila, sulla strada di Popoli, apprezzerete queste qualità: il rapporto strettissimo con il luogo, la solitudine e la qualità del silenzio; un silenzio arcaico, che ospita rumori animali, e fruscii vegetali, tutti sommessi, come assorbiti nella grande immagine del luogo; sì che alla fine tutto fa quello strano spettacolo che ha il suo culmine nelle due chiese, ma che include l’immagine delle montagne, il rilievo su cui posano gli edifici, la qualità dell’aria e infine la suasiva coerenza del silenzio».
Coscetta ricorda che la chiesetta del San Pellegrino, che secondo la leggenda fu costruita da Carlo Magno e che fu risparmiata grazie a questi nobili natali dal sanguinario Braccio da Montone che devastò invece il monastero e il castello, era particolarmente cara a Manganelli che così si espresse al riguardo: «Di rado in Italia ho visto che in così breve spazio restituisca il senso coerente e intensamente drammatico di un mondo scomparso, ma che, vivo, fu forte di una fede totale, fu battagliero e fantastico».
Tutto questo patrimonio artistico adesso rivive grazie al restauro post terremoto e a un “Quaderno” che raccoglie brevi saggi della Soprintendente ai beni architettonici Lucia Arbace, di Maria Antonietta Cianetti, Sofia Cucchiella Vittorini, Alessandra Giancola, Elisabetta Sonino, Luciana Tulipani, Calcedonio Tropea e Fabio Aramini.
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