Sisma Ottobre 2016. Riaprirà Santa Maria in Piano dopo l’emergenza terremoto?
L’importanza del patrimonio culturale e il progetto di conservazione preventiva e programmata per la tutela, la valorizzazione e la fruizione dell’opera d’arte.
In questo giorni torna più drammatica che mai la paura per il terremoto, quella calamità naturale che ormai più di sette anni fa per L’Aquila è stata fatale. E sono inoltre tornate le voci di un dibattito sempre più forte, ma poco concreto, sul patrimonio culturale italiano, sulla conservazione e sulla messa in sicurezza di opere e complessi architettonici di rilevanza storica e artistica.
Infatti, proprio in queste ore, circola sui social (e alcuni nostri lettori ce lo confermano) la notizia che sia stata chiusa la chiesa di Santa Maria in Piano a Loreto Aprutino, dove si conserva uno degli apparati decorativi, tra i più importanti del tardo gotico abruzzese, il celebre Giudizio Universale. Il “Maestro del Giudizio” di Loreto, così definito dalla storia dell’arte, è famoso anche per il suoi legami con il complesso pittorico oggi purtroppo perso di San Francesco ad Amatrice, uno dei simboli del nuovo evento sismico del 2016. Altri legami con la cultura visiva del “Maestro di Offida”, anonimo artista, così chiamato per le sue origini marchigiane.
Questi riferimenti, per quanto sommari, ci fanno capire come il nostro amato territorio sia eclettico e ricco di contaminazioni, dalle arti visive alla letteratura alla musica, e così via.
Non è questo il luogo e il tempo per ricordare l’importanza di questo importante testo della pittura di fine Trecento, già abbondantemente studiato da famosi storici dell’arte come Ferdinando Bologna e Cristiana Pasqualetti; quel che più interessa (e forse è più utile) è iniziare a riflettere su un discorso di programmazione sistematica di interventi utili per il consolidamento di strutture al fine di evitare il rincorrere le emergenze e le situazioni di estrema precarietà, come spesso accade nei nostri centri storici o nei borghi.
Stefano Della Torre è professore ordinario di restauro architettonico e da tempo di occupa di “conservazione preventiva e programmata” all’interno di diversi progetti di ricerca di ambito nazionale.
All’interno di un convegno organizzato da Italia Nostra a Fermo sui Distretti culturali, ha spiegato quanto possa essere innovativa questa procedure nell’ottica della “conservazione come processo di lungo periodo”. “È una strategia complessa”, prosegue lo studioso “che riunisce la mitigazione dei rischi di grande scala e una accurata organizzazione delle attività quotidiane. Attuarla è dunque qualcosa di più che fare manutenzione: significa impiantare uno scenario nuovo, ponendo questioni sulle strategie e sui nessi tra le attività conservative e i processi di sviluppo locale.”
Queste parole ci fanno riflettere molto e ci avvicinano a un problema: quanto lavoro c’è da fare per una evoluzione culturale che sta alla base di questo processo di evoluzione? L’approccio proposto si incentra infatti sulle “esternalità positive del processo di conservazione”, cioè quanti soldi si risparmiano, per avere un successivo impatto sull’economia turistica. Questo è l’aspetto che interessa maggiormente e ci permette di questo momento in poi di fare delle analisi più precise anche per valutare meglio quanto accade nel contesto regionale (l’Abruzzo), anche alla luce della morfologia del territorio e degli aspetti culturali che sono alla base della valorizzazione anche delle tradizioni locali.
Siamo fiduciosi, questi sono i buoni propositi per il nostro futuro!