Marta la sarta in equilibrio fra la memoria e il nuovo che avanza

Valentina Di Cesare racconta il suo primo romanzo

PESCARA – Valentina Di Cesare è al primo libro e ha fatto subito centro. “Marta la sarta”, questo è il titolo del suo romanzo d’esordio è stato ben accolto, al punto che sono previste almeno tre traduzioni. Valentina di Cesare è di Castel di Ieri, un angolo appartato d’Abruzzo _ la Valle Subequana _ un angolo di visione privilegiato per dare corpo e anima alle cose di ieri con il proprio bagaglio di vetustà e saggezza e il nuovo che avanza con le sue incertezze e le sue lusinghe. Il romanzo si tiene in equilibrio su questo doppio filo: la memoria e il futuro attraverosil personaggio guida che dò il titolo all’opera. C’è un segreto in fondo al racconto, ma quello lo svela la stessa Valentina nel bel libro ilustrato in copertina da Francesca D’Amato, l’editore è Tabula Fati, la prefazione di Federica D’Amato.

Valentina di Cesare

Valentina di Cesare

“Marta la sarta” è un libro sulla voglia di fuga o sulla nostalgia per un passato definitivamente tramontato?

Credo nessuno dei due in particolare, ma ambedue in generale. “Marta la sarta” è un libro piccolo, che sorvola l’esistenza da un aereoplanino. Si tratta di storie minuscole, che rivelano quanto sia importante diventare consapevoli della logica binaria delle vite umane, di tutte, nessuna esclusa; un libro che considera e consiglia  di accettare la contraddizione insita in ognuno di noi e di farne punto di incontro con i nostri simili.

 Questi due stati d’animo contrastanti quanto hanno inciso nella nascita del libro?

Non lo so, non ho mai riflettuto sulle motivazioni o i sentimenti che mi portano a scrivere. Ci sono cose che senti di dover fare non appena inizi a conoscerti e a conoscere il mondo che ti circonda. Da piccola mi piaceva scrivere e immaginare storie, riempivo quaderni e agende di disegni in sequenza, ai quali spesso univo didascalie. Trascorrevo interi pomeriggi così, era la mia natura e tale è rimasta.

A volte questi sentimenti ci condizionano ma non riusciamo a dargli contorni, è un malessere che resta segreto. Come il segreto di Marta, tenere celato il segreto della protagonista è intenzionale. Vuol dire che potrebbe tornare in futuro a raccontarci il suo piccolo-grande mondo?

Da quando ho fatto conoscenza con Marta ho capito che certamente è mia intenzione farla tornare. Tener celato il suo segreto comunque, è stato sì intenzionale, ma non al fine di rivelarlo nell’eventuale prosieguo del romanzo! I segreti se si rivelano non sono più tali.

Marta la sarta è il nostro Virgilio che ci accompagna tra i nostri sogni e i nostri incubi o è un archetipo di donna che nei piccoli paesi esiste ancora e ha un suo ruolo?

Mi lusinga e mi piace molto l’accostamento tra Marta e Virgilio. Certamente tra le due opzioni la prima è più appropriata. In un certo senso anche Marta accompagna  tutti i personaggi che incontra in una sorta di viaggio interiore, che però diventa un viaggio anche suo, soprattutto suo. La scoperta e l’accettazione di se stessi attraverso la scoperta degli altri e viceversa. Non si tratta di un archetipo, non ho mai conosciuto una persona come Marta. Nei nostri paesi le donne non sono vocate all’ascolto ma più al giudizio, e questo non è un pensiero negativo è solo una constatazione.

Marta la sarta - Copertina del libro

Copertina del libro

Se sì, che ruolo ha? Di memoria storica tout court? Di nostalgico reperto del passato? Di un piccolo mondo che resisterà a tutti i cambiamenti? Di forti valori morali non scalfiti dal modernismo?

Marta l’ho concepita come una meta-presenza, non a caso non esiste nel libro una sua descrizione fisica e questo è altrettanto intenzionale. Lei è nel mio immaginario quel che tutti dovremmo essere per riportare il mondo a quote più normali ( parafrasando il mio amato Battiato), per arginare tutte le brutture che ci hanno disumanizzati e che ci stanno portando sempre di più verso un triste traguardo. Non penso che esistano buone soluzioni per tutti, ci accomunano molte cose ma è importante ricordare l’unicità di ogni essere umano. Per quel che riguarda la mia opinione, penso che nei luoghi più piccoli ed isolati forse ci sia maggiore possibilità di ristabilire un legame diretto con l’esistenza, con il tempo e con le cose essenziali che ci rendono vivi. Non si tratta di valori, perché questi sono relativi e cambiano con la latitudine o con una manciata di anni, si tratta di umanità.

Dopo “Marta la sarta”, cosa ha in cantiere?

Sto scrivendo il mio secondo romanzo, che ultimamente ho trascurato un po’ per una raccolta di racconti ed un racconto lungo.

Il libro in genere avrà un futuro?

La scrittura e la musica sono le due uniche forme di eternità a cui penso di poter credere.

Siamo la regione che legge di meno in Italia. Cresce a dismisura il numero degli autori. Come lo spiega?

Penso sia legato al fatto che le possibilità sono alla portata di tutti, il che non è per principio qualcosa di sbagliato. Ma il rischio che si corre è che in questo eccesso di possibilità (forse arrivato in maniera repentina e del tutto immeritoria)  ognuno crede di poter essere qualcosa. Basta avere i soldi per acquistare una reflex e si diventa fotografi. Il mondo in cui viviamo conferisce ruoli in base alla sola apparenza.

I suoi autori preferiti?

Giorgio Caproni ha cambiato la mia vita e non è una frase fatta: grazie a lui non mi sono più sentita in colpa per non essere mai riuscita ad amare l’ermetismo. Insomma  quando l’ho letto ho capito che sono gli autori a volte a trovare i lettori e non viceversa. Dopo di lui in ordine sparso Malerba, Buzzati, Rodari, Pazzi, Pontiggia, Busi, Penna, Calvino, Morante, Borges, Pessoa, Cioran, Whitman. E altri che verranno che ancora non ho letto.

Che ne dice del boom del giallo in Italia? Per alcuni riesce  a dare uno spaccato veritiero del quotidiano, più di certi prodotti “alti” che puntano sui rovelli psicologici.

Non ho mai letto gialli, né sono informata su questo boom;  ne riparleremo quando lo farò.

Tra Gadda, Pasolini e Chiara, chi sceglierebbe?

Di Gadda, Caproni raccontava episodi molto buffi, che lo ritraevano nella sua quotidianità, rivelando dell’ingegnere scrittore un’ umanità intatta e un po’ spaurita, perciò per istinto sarei portata a dire lui… Ma se potessi li chiamerei tutti e tre e ci andrei a pranzo insieme, se accettassero.