Intervista a Luisa Gasbarri

Luisa Gasbarri

Luisa Gasbarri

CHIETI – Scrive noir, studia il pensiero gender, insegna scrittura creativa. Luisa Gasbarri nel 2005 si è imposta all’attenzione del grande pubblico con l’opera prima “L’istinto innaturale”, ha curato anche antologie di scrittori contemporanei, ma la coppia di libri per Newton Compton, “101 cose da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita” e “101 perché sulla storia dell’Abruzzo che non puoi non sapere”, le regala un successo senza precedenti e la lancia nella hit parade degli esperti di abruzzesità.

Sono opere queste ultime che chiunque voglia venire in Abruzzo non può non leggere e quindi siamo stati curiosi di incontrare l’autrice per scoprire possibili inediti onde favorire il turismo in Abruzzo.

Luisa, condividiamo il comune amore per questa Terra stupenda che è l’Abruzzo, quando hai cominciato a coltivare la conoscenza della tua regione e perché hai deciso di farlo come un “divertissement da flaneur”?

 Quando la Newton Compton mi ha scelta per scrivere il libro “101 cose da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita”, cercava appunto qualcuno che potesse raccontare la nostra regione attraverso lo sguardo di uno scrittore, non quello di un giornalista o di uno studioso. Perché forse solo lo sguardo di un artista è capace di cogliere quel quid alternativo e particolare che c’è in tutte le cose, si tratti di un sapore, un colore, una sfumatura…

Copertina del libro

Copertina del libro

In primo luogo si volevano comunicare al lettore emozioni. I 101 sono infatti manuali alternativi orientati a coinvolgere e divertire con tono spigliato, nonostante il rigoroso lavoro di ricerca che li caratterizza. E questo primo volume sulla geografia del fare è stato assai apprezzato: sono grata a tutti coloro che hanno contribuito a farlo girare per il mondo, perché l’Abruzzo non è solo una regione dell’Italia, bensì una categoria dello spirito, un’inclinazione dell’indole, e chi è nato qui o vi ha vissuto gran parte della vita, come me, forse intuisce di cosa si tratta. Esiste un’abruzzesità del cuore che ovunque, per qualche misteriosa ragione, si conserva immutata. Quando dunque mi è stato proposto di scrivere un nuovo 101 sui perché della storia, la mia idea è stata quella di far rivivere il passato soprattutto attraverso le sue atmosfere, la sua vivificante relazione con il presente, il suo rapporto con i luoghi, in una sinergia quanto più possibile accattivante e diretta. Scrivere un testo del genere provando a offrire spunti originali ai molti abruzzesi orgogliosi della loro terra, spesso dunque assai ben informati, è ciò che rende ben delicata la sfida, e in parte detta l’equilibrio e la rotta. Più si racconta, del resto, più ci si accorge che tutto non può comunque essere raccontato. E allora il ritmo del libro si è modellato naturalmente nella forma del divertissement da flâneur, come si sarebbe detto un tempo, ovvero è divenuto una passeggiata trasversale e divagante, in cui lo stato d’animo si predispone alle sorprese che solo l’andare a zonzo attraverso i secoli può offrire. Perché i percorsi che più seducono, sono fatalmente sempre i più imprevedibili

Per uscire dall’attuale crisi non solo economica, pensi che saranno le bellezze naturali o le eccellenze architettoniche a spianare la strada del turismo in Abruzzo?

Penso che entrambe siano preziose e diversificate risorse turistiche, potenzialità territoriali spesso ancora non ben utilizzate.  L’Abruzzo vanta coste bellissime, montagne superbe, parchi meravigliosi, con fauna e flora rare; raggiunge l’eccellenza nell’enogastronomia quanto nella varietà degli itinerari turistici che offre alle categorie più differenti di appassionati. Uscire da una crisi può anche significare prendere coscienza di ciò che si ha per cercare di valorizzarlo al meglio, evitando che la nostra regione smarrisca quella che forse è la sua risorsa davvero imprescindibile: la presenza dei giovani sul territorio, con la loro voglia di fare, il loro entusiasmo, la loro competenza in fieri. L’espansione del settore petrolifero rappresenta una scelta rischiosa e vincolante, dalla produttività alla lunga assai inferiore a quella che invece potrebbe garantire un turismo più intelligente e meglio tutelato, in particolare a livello politico.

Moltissime persone, leggendo i miei libri, mi scrivono sorprese di aver scoperto aspetti dell’Abruzzo che ignoravano da sempre: luoghi bellissimi, episodi gloriosi, tracce vistose di mistico e arcaico folclore, opere artistiche, tradizioni culinarie, personaggi illustri restano estranei a molti nostri conterranei. Affinché la grande ricchezza della nostra terra e la sua Storia prodiga non si perdano nel tempo, dovremmo tramandarle alle nuove generazioni con energia e piacere, e non come semplice curiosità, come effimera conoscenza da inglobarsi nell’incoerente sovrabbondanza di informazioni di cui soffre la civiltà odierna. A fare la crisi è anche l’appiattimento culturale che sta distruggendo l’individualità, la specificità in tutte le sue forme. Come è noto, l’amore è figlio del sapere, quindi conoscere il nostro territorio ci permette di rispettarlo sul serio. Di amarlo.

La vicinanza del mare alla montagna e viceversa è veramente l’asso vincente per il rilancio del turismo?

La varietà dei paesaggi, che ho descritto articolatamente nei miei libri, non è riducibile al poter abbracciare mare e montagna con uno sguardo solo, per quanto ciò rappresenti una bellissima avventura dell’anima. I laghi, i canyon, le piste ciclabili tra comuni costieri o parchi, le aree marine protette, le scogliere a picco e le spiagge d’argento, il Golfo d’Oro e i villaggi fantasma dell’interno, le grotte dal fascino lustrale e i tour alchemici e esoterici che attraverso il silenzio dei picchi e dei boschi ci conducono tra gli eremi appenninici,  offrono esperienze vitali inimitabili. Per non dire delle manifestazioni culturali che s’intensificano di anno in anno e qualitativamente non hanno niente da invidiare a quelle europee di più ampio respiro.

Il rilancio del turismo però tocca a noi: l’asso vincente in Abruzzo sarà la nostra capacità di esaltare, promuovere, aver cura  di tutto questo, coinvolgendoci tutti in una progettualità permanente, feconda e allargata.

Il maggior intralcio al boom di presenze può essere dovuta all’incapacità dell’abruzzese di fare squadra: il contadino, il pastore, il pescatore, l’artigiano sono categorie lavorative altamente individualiste. Difficile che i figli e i nipoti possano fare massa critica.

Questo è purtroppo un male del Belpaese. Divisi da sempre, non solo geograficamente, ma anche per gilde e corporazioni, fin dal Medioevo, noi italiani coltiviamo il nostro striminzito giardino, con buona pace di Voltaire, e spesso dimentichiamo, caparbiamente avvinti al nostro piccolo mondo, di andare oltre. Un opportunismo che il capitalismo imperante ha imposto ancor peggio negli ultimi decenni. Tuttavia non c’è iato insanabile tra figli e nipoti: basti pensare a quanti nipoti di emigranti stiano riscoprendo oggi le loro radici, riagganciandosi a tradizioni familiari legate ai propri nonni più che ai genitori, o a quanti giovani scelgano adesso di dedicarsi all’artigianato o all’agricoltura con spirito new age, mentalità green, crowdfunding rampante, in una convergenza splendida tra cicliche consuetudini del passato e innovative tendenze del futuro.

Il lupo o l’orso? Quale il miglior testimonial?

Li ho descritti a lungo nei miei 101. Entrambi sono infatti romanticamente irriducibili, selvaggi, affascinanti, benché per ragioni diverse.

In questo momento storico additerei però piuttosto il cinghiale, e non per campanilismo teatino, bensì perché, come ho dimostrato nel libro più recente, il cinghiale è l’animale totemico eletto a indicare la tenacia, il coraggio. Sopravvive in condizioni ambientali improbe, persiste e resiste. Lo eleggerei a simbolo di quello stringere i denti che ci accomuna ora un po’ tutti, e lo sanno bene gli aquilani in particolare.

Fante, Rossetti, d’Annunzio, Silone, Mattioli, Janni, Tita Rosa, Capograssi, Flaiano hanno conquistato la notorietà lontano dall’Abruzzo, ma vi sono ritornati con pagine struggenti e al tempo contenute nell’esprimere i sentimenti. E’ anche il carattere dell’abruzzese, riottoso nell’esternare i sentimenti, un motivo di freno al turismo?

Ho viaggiato molto e posso affermare in tutta sicurezza che all’Italia e all’estero l’ospitalità abruzzese è conosciuta per fama.  L’abruzzese è gentile, galante, aperto verso il prossimo, generoso, disponibile, fantasioso, dinamico, risoluto, determinato, avveduto, prudente, costruttivo. Pure testardo, certo. Si è dovuto rimboccare le maniche tante di quelle volte storicamente: chi  dimentica la fierezza sannitica? chi ignora i sacrifici dei marsicani per ricostruire le loro case dopo l’ennesimo tremare della Terra? chi non ricorda fino a che punto si spinse la resistenza di donne e uomini qui, durante le guerre di tutti i tempi?

Questo spirito di resilienza ci ha resi alla lunga un po’ sbrigativi magari, poco espansivi non direi, ma discreti, e poco inclini alle manifestazioni emotive appariscenti, è vero.

Chi per secoli lotta con nobile slancio, bene impara a celare i sentimenti più segreti in fondo al cuore. Ma è proprio la grandezza del cuore a fare la differenza.

Il libro 101 perchè sulla storia dell’Abruzzo che non puoi non sapere puo’ essere acquistato presso le librerie ed anche online sia  in formato cartaceo sia come e-book .

101 perché sulla storia dell’Abruzzo che non puoi non sapere

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